Purgatorio – Canto XXX

Purgatorio – Canto XXX / Trentesimo Canto / Canto 30°

Temi e canti: 1-39 Apparizione di Beatrice • 40-54 Sparizione di Virgilio • 48 Conosco i segni de l’antica fiamma • 55-145 Rimproveri di Beatrice

Purgatorio

CANTO XXX

Quando il settentrion del primo cielo,

che né occaso mai seppe né orto

né d’altra nebbia che di colpa velo,   [3]

e che faceva lì ciascun accorto

di suo dover, come ‘l più basso face

qual temon gira per venire a porto,   [6]

fermo s’affisse: la gente verace,

venuta prima tra ‘l grifone ed esso,

al carro volse sé come a sua pace;   [9]

e un di loro, quasi da ciel messo,

‘Veni, sponsa, de Libano’ cantando

gridò tre volte, e tutti li altri appresso.   [12]

Quali i beati al novissimo bando

surgeran presti ognun di sua caverna,

la revestita voce alleluiando,   [15]

cotali in su la divina basterna

si levar cento, ad vocem tanti senis,

ministri e messaggier di vita etterna.   [18]

Tutti dicean: ‘Benedictus qui venis!’,

e fior gittando e di sopra e dintorno,

‘Manibus, oh, date lilia plenis!’.   [21]

Io vidi già nel cominciar del giorno

la parte oriental tutta rosata,

e l’altro ciel di bel sereno addorno;   [24]

e la faccia del sol nascere ombrata,

sì che per temperanza di vapori

l’occhio la sostenea lunga fiata:   [27]

così dentro una nuvola di fiori

che da le mani angeliche saliva

e ricadeva in giù dentro e di fori,   [30]

sovra candido vel cinta d’uliva

donna m’apparve, sotto verde manto

vestita di color di fiamma viva.   [33]

E lo spirito mio, che già cotanto

tempo era stato ch’a la sua presenza

non era di stupor, tremando, affranto,   [36]

sanza de li occhi aver più conoscenza,

per occulta virtù che da lei mosse,

d’antico amor sentì la gran potenza.   [39]

Tosto che ne la vista mi percosse

l’alta virtù che già m’avea trafitto

prima ch’io fuor di puerizia fosse,   [42]

volsimi a la sinistra col respitto

col quale il fantolin corre a la mamma

quando ha paura o quando elli è afflitto,   [45]

per dicere a Virgilio: ‘Men che dramma

di sangue m’è rimaso che non tremi:

conosco i segni de l’antica fiamma’.   [48]

Ma Virgilio n’avea lasciati scemi

di sé, Virgilio dolcissimo patre,

Virgilio a cui per mia salute die’mi;   [51]

né quantunque perdeo l’antica matre,

valse a le guance nette di rugiada,

che, lagrimando, non tornasser atre.   [54]

«Dante, perché Virgilio se ne vada,

non pianger anco, non pianger ancora;

ché pianger ti conven per altra spada».   [57]

Quasi ammiraglio che in poppa e in prora

viene a veder la gente che ministra

per li altri legni, e a ben far l’incora;   [60]

in su la sponda del carro sinistra,

quando mi volsi al suon del nome mio,

che di necessità qui si registra,   [63]

vidi la donna che pria m’appario

velata sotto l’angelica festa,

drizzar li occhi ver’ me di qua dal rio.   [66]

Tutto che ‘l vel che le scendea di testa,

cerchiato de le fronde di Minerva,

non la lasciasse parer manifesta,   [69]

regalmente ne l’atto ancor proterva

continuò come colui che dice

e ‘l più caldo parlar dietro reserva:   [72]

«Guardaci ben! Ben son, ben son Beatrice.

Come degnasti d’accedere al monte?

non sapei tu che qui è l’uom felice?».   [75]

Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;

ma veggendomi in esso, i trassi a l’erba,

tanta vergogna mi gravò la fronte.   [78]

Così la madre al figlio par superba,

com’ella parve a me; perché d’amaro

sente il sapor de la pietade acerba.   [81]

Ella si tacque; e li angeli cantaro

di subito ‘In te, Domine, speravi’;

ma oltre ‘pedes meos’ non passaro.   [84]

Sì come neve tra le vive travi

per lo dosso d’Italia si congela,

soffiata e stretta da li venti schiavi,   [87]

poi, liquefatta, in sé stessa trapela,

pur che la terra che perde ombra spiri,

sì che par foco fonder la candela;   [90]

così fui sanza lagrime e sospiri

anzi ‘l cantar di quei che notan sempre

dietro a le note de li etterni giri;   [93]

ma poi che ‘ntesi ne le dolci tempre

lor compatire a me, par che se detto

avesser: ‘Donna, perché sì lo stempre?’,   [96]

lo gel che m’era intorno al cor ristretto,

spirito e acqua fessi, e con angoscia

de la bocca e de li occhi uscì del petto.   [99]

Ella, pur ferma in su la detta coscia

del carro stando, a le sustanze pie

volse le sue parole così poscia:   [102]

«Voi vigilate ne l’etterno die,

sì che notte né sonno a voi non fura

passo che faccia il secol per sue vie;   [105]

onde la mia risposta è con più cura

che m’intenda colui che di là piagne,

perché sia colpa e duol d’una misura.   [108]

Non pur per ovra de le rote magne,

che drizzan ciascun seme ad alcun fine

secondo che le stelle son compagne,   [111]

ma per larghezza di grazie divine,

che sì alti vapori hanno a lor piova,

che nostre viste là non van vicine,   [114]

questi fu tal ne la sua vita nova

virtualmente, ch’ogne abito destro

fatto averebbe in lui mirabil prova.   [117]

Ma tanto più maligno e più silvestro

si fa ‘l terren col mal seme e non cólto,

quant’elli ha più di buon vigor terrestro.   [120]

Alcun tempo il sostenni col mio volto:

mostrando li occhi giovanetti a lui,

meco il menava in dritta parte vòlto.   [123]

Sì tosto come in su la soglia fui

di mia seconda etade e mutai vita,

questi si tolse a me, e diessi altrui.   [126]

Quando di carne a spirto era salita

e bellezza e virtù cresciuta m’era,

fu’ io a lui men cara e men gradita;   [129]

e volse i passi suoi per via non vera,

imagini di ben seguendo false,

che nulla promession rendono intera.   [132]

Né l’impetrare ispirazion mi valse,

con le quali e in sogno e altrimenti

lo rivocai; sì poco a lui ne calse!   [135]

Tanto giù cadde, che tutti argomenti

a la salute sua eran già corti,

fuor che mostrarli le perdute genti.   [138]

Per questo visitai l’uscio d’i morti

e a colui che l’ha qua sù condotto,

li prieghi miei, piangendo, furon porti.   [141]

Alto fato di Dio sarebbe rotto,

se Leté si passasse e tal vivanda

fosse gustata sanza alcuno scotto   [144]

di pentimento che lagrime spanda».