Paradiso – Canto XX

Paradiso – Canto XX / Ventesimo Canto / Canto 20°

Temi e canti: 1-15 Canto degli spiriti giusti • 16-78 L’occhio dell’Aquila • 79-129 La salvezza di Rifeo e di Traiano • 130-148 La predestinazione

Paradiso

CANTO XX

Quando colui che tutto ‘l mondo alluma

de l’emisperio nostro sì discende,

che ‘l giorno d’ogne parte si consuma,   [3]

lo ciel, che sol di lui prima s’accende,

subitamente si rifà parvente

per molte luci, in che una risplende;   [6]

e questo atto del ciel mi venne a mente,

come ‘l segno del mondo e de’ suoi duci

nel benedetto rostro fu tacente;   [9]

però che tutte quelle vive luci,

vie più lucendo, cominciaron canti

da mia memoria labili e caduci.   [12]

O dolce amor che di riso t’ammanti,

quanto parevi ardente in que’ flailli,

ch’avieno spirto sol di pensier santi!   [15]

Poscia che i cari e lucidi lapilli

ond’io vidi ingemmato il sesto lume

puoser silenzio a li angelici squilli,   [18]

udir mi parve un mormorar di fiume

che scende chiaro giù di pietra in pietra,

mostrando l’ubertà del suo cacume.   [21]

E come suono al collo de la cetra

prende sua forma, e sì com’al pertugio

de la sampogna vento che penètra,   [24]

così, rimosso d’aspettare indugio,

quel mormorar de l’aguglia salissi

su per lo collo, come fosse bugio.   [27]

Fecesi voce quivi, e quindi uscissi

per lo suo becco in forma di parole,

quali aspettava il core ov’io le scrissi.   [30]

«La parte in me che vede e pate il sole

ne l’aguglie mortali», incominciommi,

«or fisamente riguardar si vole,   [33]

perché d’i fuochi ond’io figura fommi,

quelli onde l’occhio in testa mi scintilla,

e’ di tutti lor gradi son li sommi.   [36]

Colui che luce in mezzo per pupilla,

fu il cantor de lo Spirito Santo,

che l’arca traslatò di villa in villa:   [39]

ora conosce il merto del suo canto,

in quanto effetto fu del suo consiglio,

per lo remunerar ch’è altrettanto.   [42]

Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,

colui che più al becco mi s’accosta,

la vedovella consolò del figlio:   [45]

ora conosce quanto caro costa

non seguir Cristo, per l’esperienza

di questa dolce vita e de l’opposta.   [48]

E quel che segue in la circunferenza

di che ragiono, per l’arco superno,

morte indugiò per vera penitenza:   [51]

ora conosce che ‘l giudicio etterno

non si trasmuta, quando degno preco

fa crastino là giù de l’odierno.   [54]

L’altro che segue, con le leggi e meco,

sotto buona intenzion che fé mal frutto,

per cedere al pastor si fece greco:   [57]

ora conosce come il mal dedutto

dal suo bene operar non li è nocivo,

avvegna che sia ‘l mondo indi distrutto.   [60]

E quel che vedi ne l’arco declivo,

Guiglielmo fu, cui quella terra plora

che piagne Carlo e Federigo vivo:   [63]

ora conosce come s’innamora

lo ciel del giusto rege, e al sembiante

del suo fulgore il fa vedere ancora.   [66]

Chi crederebbe giù nel mondo errante,

che Rifeo Troiano in questo tondo

fosse la quinta de le luci sante?   [69]

Ora conosce assai di quel che ‘l mondo

veder non può de la divina grazia,

ben che sua vista non discerna il fondo».   [72]

Quale allodetta che ‘n aere si spazia

prima cantando, e poi tace contenta

de l’ultima dolcezza che la sazia,   [75]

tal mi sembiò l’imago de la ‘mprenta

de l’etterno piacere, al cui disio

ciascuna cosa qual ell’è diventa.   [78]

E avvegna ch’io fossi al dubbiar mio

lì quasi vetro a lo color ch’el veste,

tempo aspettar tacendo non patio,   [81]

ma de la bocca, «Che cose son queste?»,

mi pinse con la forza del suo peso:

per ch’io di coruscar vidi gran feste.   [84]

Poi appresso, con l’occhio più acceso,

lo benedetto segno mi rispuose

per non tenermi in ammirar sospeso:   [87]

«Io veggio che tu credi queste cose

perch’io le dico, ma non vedi come;

sì che, se son credute, sono ascose.   [90]

Fai come quei che la cosa per nome

apprende ben, ma la sua quiditate

veder non può se altri non la prome.   [93]

Regnum celorum violenza pate

da caldo amore e da viva speranza,

che vince la divina volontate:   [96]

non a guisa che l’omo a l’om sobranza,

ma vince lei perché vuole esser vinta,

e, vinta, vince con sua beninanza.   [99]

La prima vita del ciglio e la quinta

ti fa maravigliar, perché ne vedi

la region de li angeli dipinta.   [102]

D’i corpi suoi non uscir, come credi,

Gentili, ma Cristiani, in ferma fede

quel d’i passuri e quel d’i passi piedi.   [105]

Ché l’una de lo ‘nferno, u’ non si riede

già mai a buon voler, tornò a l’ossa;

e ciò di viva spene fu mercede:   [108]

di viva spene, che mise la possa

ne’ prieghi fatti a Dio per suscitarla,

sì che potesse sua voglia esser mossa.   [111]

L’anima gloriosa onde si parla,

tornata ne la carne, in che fu poco,

credette in lui che potea aiutarla;   [114]

e credendo s’accese in tanto foco

di vero amor, ch’a la morte seconda

fu degna di venire a questo gioco.   [117]

L’altra, per grazia che da sì profonda

fontana stilla, che mai creatura

non pinse l’occhio infino a la prima onda,   [120]

tutto suo amor là giù pose a drittura:

per che, di grazia in grazia, Dio li aperse

l’occhio a la nostra redenzion futura;   [123]

ond’ei credette in quella, e non sofferse

da indi il puzzo più del paganesmo;

e riprendiene le genti perverse.   [126]

Quelle tre donne li fur per battesmo

che tu vedesti da la destra rota,

dinanzi al battezzar più d’un millesmo.   [129]

O predestinazion, quanto remota

è la radice tua da quelli aspetti

che la prima cagion non veggion tota!   [132]

E voi, mortali, tenetevi stretti

a giudicar; ché noi, che Dio vedemo,

non conosciamo ancor tutti li eletti;   [135]

ed ènne dolce così fatto scemo,

perché il ben nostro in questo ben s’affina,

che quel che vole Iddio, e noi volemo».   [138]

Così da quella imagine divina,

per farmi chiara la mia corta vista,

data mi fu soave medicina.   [141]

E come a buon cantor buon citarista

fa seguitar lo guizzo de la corda,

in che più di piacer lo canto acquista,   [144]

sì, mentre ch’e’ parlò, sì mi ricorda

ch’io vidi le due luci benedette,

pur come batter d’occhi si concorda,   [147]

con le parole mover le fiammette.