Inferno – Canto I

Inferno – Canto I / Primo Canto / Canto 1°

Temi e versi: 1-12 La selva • 1-3 Nel mezzo del cammin di nostra vita • 13-60 Il colle illuminato dal sole • 61-99 Apparizione di Virgilio • 100-111 Profezia del veltro • 112-135 Il viaggio nell’oltretomba

Inferno

CANTO I

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita.   [3]

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!   [6]

Tant’è amara che poco è più morte;

ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.   [9]

Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,

tant’era pien di sonno a quel punto

che la verace via abbandonai.   [12]

Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,

là dove terminava quella valle

che m’avea di paura il cor compunto,   [15]

guardai in alto, e vidi le sue spalle

vestite già de’ raggi del pianeta

che mena dritto altrui per ogne calle.   [18]

Allor fu la paura un poco queta

che nel lago del cor m’era durata

la notte ch’i’ passai con tanta pieta.   [21]

E come quei che con lena affannata

uscito fuor del pelago a la riva

si volge a l’acqua perigliosa e guata,   [24]

così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,

si volse a retro a rimirar lo passo

che non lasciò già mai persona viva.   [27]

Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,

ripresi via per la piaggia diserta,

sì che ‘l piè fermo sempre era ‘l più basso.   [30]

Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,

una lonza leggera e presta molto,

che di pel macolato era coverta;   [33]

e non mi si partia dinanzi al volto,

anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,

ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.   [36]

Temp’era dal principio del mattino,

e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle

ch’eran con lui quando l’amor divino   [39]

mosse di prima quelle cose belle;

sì ch’a bene sperar m’era cagione

di quella fiera a la gaetta pelle   [42]

l’ora del tempo e la dolce stagione;

ma non sì che paura non mi desse

la vista che m’apparve d’un leone.   [45]

Questi parea che contra me venisse

con la test’alta e con rabbiosa fame,

sì che parea che l’aere ne tremesse.   [48]

Ed una lupa, che di tutte brame

sembiava carca ne la sua magrezza,

e molte genti fé già viver grame,   [51]

questa mi porse tanto di gravezza

con la paura ch’uscia di sua vista,

ch’io perdei la speranza de l’altezza.   [54]

E qual è quei che volontieri acquista,

e giugne ‘l tempo che perder lo face,

che ‘n tutt’i suoi pensier piange e s’attrista;   [57]

tal mi fece la bestia sanza pace,

che, venendomi ‘ncontro, a poco a poco

mi ripigneva là dove ‘l sol tace.   [60]

Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,

dinanzi a li occhi mi si fu offerto

chi per lungo silenzio parea fioco.   [63]

Quando vidi costui nel gran diserto,

«Miserere di me», gridai a lui,

«qual che tu sii, od ombra od omo certo!».   [66]

Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,

e li parenti miei furon lombardi,

mantoani per patria ambedui.   [69]

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,

e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto

nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.   [72]

Poeta fui, e cantai di quel giusto

figliuol d’Anchise che venne di Troia,

poi che ‘l superbo Ilión fu combusto.   [75]

Ma tu perché ritorni a tanta noia?

perché non sali il dilettoso monte

ch’è principio e cagion di tutta gioia?».   [78]

«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte

che spandi di parlar sì largo fiume?»,

rispuos’io lui con vergognosa fronte.   [81]

«O de li altri poeti onore e lume

vagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amore

che m’ha fatto cercar lo tuo volume.   [84]

Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore;

tu se’ solo colui da cu’ io tolsi

lo bello stilo che m’ha fatto onore.   [87]

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi:

aiutami da lei, famoso saggio,

ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi».   [90]

«A te convien tenere altro viaggio»,

rispuose poi che lagrimar mi vide,

«se vuo’ campar d’esto loco selvaggio:   [93]

ché questa bestia, per la qual tu gride,

non lascia altrui passar per la sua via,

ma tanto lo ‘mpedisce che l’uccide;   [96]

e ha natura sì malvagia e ria,

che mai non empie la bramosa voglia,

e dopo ‘l pasto ha più fame che pria.   [99]

Molti son li animali a cui s’ammoglia,

e più saranno ancora, infin che ‘l veltro

verrà, che la farà morir con doglia.   [102]

Questi non ciberà terra né peltro,

ma sapienza, amore e virtute,

e sua nazion sarà tra feltro e feltro.   [105]

Di quella umile Italia fia salute

per cui morì la vergine Cammilla,

Eurialo e Turno e Niso di ferute.   [108]

Questi la caccerà per ogne villa,

fin che l’avrà rimessa ne lo ‘nferno,

là onde ‘nvidia prima dipartilla.   [111]

Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno

che tu mi segui, e io sarò tua guida,

e trarrotti di qui per loco etterno,   [114]

ove udirai le disperate strida,

vedrai li antichi spiriti dolenti,

ch’a la seconda morte ciascun grida;   [117]

e vederai color che son contenti

nel foco, perché speran di venire

quando che sia a le beate genti.   [120]

A le quai poi se tu vorrai salire,

anima fia a ciò più di me degna:

con lei ti lascerò nel mio partire;   [123]

ché quello imperador che là sù regna,

perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge,

non vuol che ‘n sua città per me si vegna.   [126]

In tutte parti impera e quivi regge;

quivi è la sua città e l’alto seggio:

oh felice colui cu’ ivi elegge!».   [129]

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio

per quello Dio che tu non conoscesti,

acciò ch’io fugga questo male e peggio,   [132]

che tu mi meni là dov’or dicesti,

sì ch’io veggia la porta di san Pietro

e color cui tu fai cotanto mesti».   [135]

Allor si mosse, e io li tenni dietro.