Purgatorio – Canto II

Purgatorio – Canto II / Secondo Canto / Canto 2°

Temi e versi: 1-51 L’angelo nocchiero • 52-75 Le anime dei penitenti • 76-117 L’incontro con l’amico Casella • 118-133 Il rimprovero di Catone

Purgatorio

CANTO II

Già era ‘l sole a l’orizzonte giunto

lo cui meridian cerchio coverchia

Ierusalèm col suo più alto punto;   [3]

e la notte, che opposita a lui cerchia,

uscia di Gange fuor con le Bilance,

che le caggion di man quando soverchia;   [6]

sì che le bianche e le vermiglie guance,

là dov’i’ era, de la bella Aurora

per troppa etate divenivan rance.   [9]

Noi eravam lunghesso mare ancora,

come gente che pensa a suo cammino,

che va col cuore e col corpo dimora.   [12]

Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,

per li grossi vapor Marte rosseggia

giù nel ponente sovra ‘l suol marino,   [15]

cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia,

un lume per lo mar venir sì ratto,

che ‘l muover suo nessun volar pareggia.   [18]

Dal qual com’io un poco ebbi ritratto

l’occhio per domandar lo duca mio,

rividil più lucente e maggior fatto.   [21]

Poi d’ogne lato ad esso m’appario

un non sapeva che bianco, e di sotto

a poco a poco un altro a lui uscio.   [24]

Lo mio maestro ancor non facea motto,

mentre che i primi bianchi apparver ali;

allor che ben conobbe il galeotto,   [27]

gridò: «Fa, fa che le ginocchia cali.

Ecco l’angel di Dio: piega le mani;

omai vedrai di sì fatti officiali.   [30]

Vedi che sdegna li argomenti umani,

sì che remo non vuol, né altro velo

che l’ali sue, tra liti sì lontani.   [33]

Vedi come l’ha dritte verso ‘l cielo,

trattando l’aere con l’etterne penne,

che non si mutan come mortal pelo».   [36]

Poi, come più e più verso noi venne

l’uccel divino, più chiaro appariva:

per che l’occhio da presso nol sostenne,   [39]

ma chinail giuso; e quei sen venne a riva

con un vasello snelletto e leggero,

tanto che l’acqua nulla ne ‘nghiottiva.   [42]

Da poppa stava il celestial nocchiero,

tal che faria beato pur descripto;

e più di cento spirti entro sediero.   [45]

‘In exitu Israel de Aegypto’

cantavan tutti insieme ad una voce

con quanto di quel salmo è poscia scripto.   [48]

Poi fece il segno lor di santa croce;

ond’ei si gittar tutti in su la piaggia;

ed el sen gì, come venne, veloce.   [51]

La turba che rimase lì, selvaggia

parea del loco, rimirando intorno

come colui che nove cose assaggia.   [54]

Da tutte parti saettava il giorno

lo sol, ch’avea con le saette conte

di mezzo ‘l ciel cacciato Capricorno,   [57]

quando la nova gente alzò la fronte

ver’ noi, dicendo a noi: «Se voi sapete,

mostratene la via di gire al monte».   [60]

E Virgilio rispuose: «Voi credete

forse che siamo esperti d’esto loco;

ma noi siam peregrin come voi siete.   [63]

Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,

per altra via, che fu sì aspra e forte,

che lo salire omai ne parrà gioco».   [66]

L’anime, che si fuor di me accorte,

per lo spirare, ch’i’ era ancor vivo,

maravigliando diventaro smorte.   [69]

E come a messagger che porta ulivo

tragge la gente per udir novelle,

e di calcar nessun si mostra schivo,   [72]

così al viso mio s’affisar quelle

anime fortunate tutte quante,

quasi obliando d’ire a farsi belle.   [75]

Io vidi una di lor trarresi avante

per abbracciarmi con sì grande affetto,

che mosse me a far lo somigliante.   [78]

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!

tre volte dietro a lei le mani avvinsi,

e tante mi tornai con esse al petto.   [81]

Di maraviglia, credo, mi dipinsi;

per che l’ombra sorrise e si ritrasse,

e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.   [84]

Soavemente disse ch’io posasse;

allor conobbi chi era, e pregai

che, per parlarmi, un poco s’arrestasse.   [87]

Rispuosemi: «Così com’io t’amai

nel mortal corpo, così t’amo sciolta:

però m’arresto; ma tu perché vai?».   [90]

«Casella mio, per tornar altra volta

là dov’io son, fo io questo viaggio»,

diss’io; «ma a te com’è tanta ora tolta?».   [93]

Ed elli a me: «Nessun m’è fatto oltraggio,

se quei che leva quando e cui li piace,

più volte m’ha negato esto passaggio;   [96]

ché di giusto voler lo suo si face:

veramente da tre mesi elli ha tolto

chi ha voluto intrar, con tutta pace.   [99]

Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto

dove l’acqua di Tevero s’insala,

benignamente fu’ da lui ricolto.   [102]

A quella foce ha elli or dritta l’ala,

però che sempre quivi si ricoglie

qual verso Acheronte non si cala».   [105]

E io: «Se nuova legge non ti toglie

memoria o uso a l’amoroso canto

che mi solea quetar tutte mie doglie,   [108]

di ciò ti piaccia consolare alquanto

l’anima mia, che, con la sua persona

venendo qui, è affannata tanto!».   [111]

‘Amor che ne la mente mi ragiona’

cominciò elli allor sì dolcemente,

che la dolcezza ancor dentro mi suona.   [114]

Lo mio maestro e io e quella gente

ch’eran con lui parevan sì contenti,

come a nessun toccasse altro la mente.   [117]

Noi eravam tutti fissi e attenti

a le sue note; ed ecco il veglio onesto

gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?   [120]

qual negligenza, quale stare è questo?

Correte al monte a spogliarvi lo scoglio

ch’esser non lascia a voi Dio manifesto».   [123]

Come quando, cogliendo biado o loglio,

li colombi adunati a la pastura,

queti, sanza mostrar l’usato orgoglio,   [126]

se cosa appare ond’elli abbian paura,

subitamente lasciano star l’esca,

perch’assaliti son da maggior cura;   [129]

così vid’io quella masnada fresca

lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa,

com’om che va, né sa dove riesca:   [132]

né la nostra partita fu men tosta.