Purgatorio – Canto I

Purgatorio – Canto I / Primo Canto / Canto 1°

Temi e versi: 1-12 Protasi e invocazione alle Muse • 13-27 Il cielo dell’emisfero australe • 28-111 Catone • 71 Libertà va cercando, ch’è sì cara • 112-136 Rito di purificazione

Purgatorio

CANTO I

Per correr miglior acque alza le vele

omai la navicella del mio ingegno,

che lascia dietro a sé mar sì crudele;   [3]

e canterò di quel secondo regno

dove l’umano spirito si purga

e di salire al ciel diventa degno.   [6]

Ma qui la morta poesì resurga,

o sante Muse, poi che vostro sono;

e qui Caliopè alquanto surga,   [9]

seguitando il mio canto con quel suono

di cui le Piche misere sentiro

lo colpo tal, che disperar perdono.   [12]

Dolce color d’oriental zaffiro,

che s’accoglieva nel sereno aspetto

del mezzo, puro infino al primo giro,   [15]

a li occhi miei ricominciò diletto,

tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta

che m’avea contristati li occhi e ‘l petto.   [18]

Lo bel pianeto che d’amar conforta

faceva tutto rider l’oriente,

velando i Pesci ch’erano in sua scorta.   [21]

I’ mi volsi a man destra, e puosi mente

a l’altro polo, e vidi quattro stelle

non viste mai fuor ch’a la prima gente.   [24]

Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle:

oh settentrional vedovo sito,

poi che privato se’ di mirar quelle!   [27]

Com’io da loro sguardo fui partito,

un poco me volgendo a l’altro polo,

là onde il Carro già era sparito,   [30]

vidi presso di me un veglio solo,

degno di tanta reverenza in vista,

che più non dee a padre alcun figliuolo.   [33]

Lunga la barba e di pel bianco mista

portava, a’ suoi capelli simigliante,

de’ quai cadeva al petto doppia lista.   [36]

Li raggi de le quattro luci sante

fregiavan sì la sua faccia di lume,

ch’i’ ‘l vedea come ‘l sol fosse davante.   [39]

«Chi siete voi che contro al cieco fiume

fuggita avete la pregione etterna?»,

diss’el, movendo quelle oneste piume.   [42]

«Chi v’ha guidati, o che vi fu lucerna,

uscendo fuor de la profonda notte

che sempre nera fa la valle inferna?   [45]

Son le leggi d’abisso così rotte?

o è mutato in ciel novo consiglio,

che, dannati, venite a le mie grotte?».   [48]

Lo duca mio allor mi diè di piglio,

e con parole e con mani e con cenni

reverenti mi fé le gambe e ‘l ciglio.   [51]

Poscia rispuose lui: «Da me non venni:

donna scese del ciel, per li cui prieghi

de la mia compagnia costui sovvenni.   [54]

Ma da ch’è tuo voler che più si spieghi

di nostra condizion com’ell’è vera,

esser non puote il mio che a te si nieghi.   [57]

Questi non vide mai l’ultima sera;

ma per la sua follia le fu sì presso,

che molto poco tempo a volger era.   [60]

Sì com’io dissi, fui mandato ad esso

per lui campare; e non lì era altra via

che questa per la quale i’ mi son messo.   [63]

Mostrata ho lui tutta la gente ria;

e ora intendo mostrar quelli spirti

che purgan sé sotto la tua balìa.   [66]

Com’io l’ho tratto, saria lungo a dirti;

de l’alto scende virtù che m’aiuta

conducerlo a vederti e a udirti.   [69]

Or ti piaccia gradir la sua venuta:

libertà va cercando, ch’è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta.   [72]

Tu ‘l sai, ché non ti fu per lei amara

in Utica la morte, ove lasciasti

la vesta ch’al gran dì sarà sì chiara.   [75]

Non son li editti etterni per noi guasti,

ché questi vive, e Minòs me non lega;

ma son del cerchio ove son li occhi casti   [78]

di Marzia tua, che ‘n vista ancor ti priega,

o santo petto, che per tua la tegni:

per lo suo amore adunque a noi ti piega.   [81]

Lasciane andar per li tuoi sette regni;

grazie riporterò di te a lei,

se d’esser mentovato là giù degni».   [84]

«Marzia piacque tanto a li occhi miei

mentre ch’i’ fu’ di là», diss’elli allora,

«che quante grazie volse da me, fei.   [87]

Or che di là dal mal fiume dimora,

più muover non mi può, per quella legge

che fatta fu quando me n’usci’ fora.   [90]

Ma se donna del ciel ti muove e regge,

come tu di’ , non c’è mestier lusinghe:

bastisi ben che per lei mi richegge.   [93]

Va dunque, e fa che tu costui ricinghe

d’un giunco schietto e che li lavi ‘l viso,

sì ch’ogne sucidume quindi stinghe;   [96]

ché non si converria, l’occhio sorpriso

d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo

ministro, ch’è di quei di paradiso.   [99]

Questa isoletta intorno ad imo ad imo,

là giù colà dove la batte l’onda,

porta di giunchi sovra ‘l molle limo;   [102]

null’altra pianta che facesse fronda

o indurasse, vi puote aver vita,

però ch’a le percosse non seconda.   [105]

Poscia non sia di qua vostra reddita;

lo sol vi mosterrà, che surge omai,

prendere il monte a più lieve salita».   [108]

Così sparì; e io sù mi levai

sanza parlare, e tutto mi ritrassi

al duca mio, e li occhi a lui drizzai.   [111]

El cominciò: «Figliuol, segui i miei passi:

volgianci in dietro, ché di qua dichina

questa pianura a’ suoi termini bassi».   [114]

L’alba vinceva l’ora mattutina

che fuggia innanzi, sì che di lontano

conobbi il tremolar de la marina.   [117]

Noi andavam per lo solingo piano

com’om che torna a la perduta strada,

che ‘nfino ad essa li pare ire in vano.   [120]

Quando noi fummo là ‘ve la rugiada

pugna col sole, per essere in parte

dove, ad orezza, poco si dirada,   [123]

ambo le mani in su l’erbetta sparte

soavemente ‘l mio maestro pose:

ond’io, che fui accorto di sua arte,   [126]

porsi ver’ lui le guance lagrimose:

ivi mi fece tutto discoverto

quel color che l’inferno mi nascose.   [129]

Venimmo poi in sul lito diserto,

che mai non vide navicar sue acque

omo, che di tornar sia poscia esperto.   [132]

Quivi mi cinse sì com’altrui piacque:

oh maraviglia! ché qual elli scelse

l’umile pianta, cotal si rinacque   [135]

subitamente là onde l’avelse.