Paradiso – Canto XIV

Paradiso – Canto XIV / Quattordicesimo Canto / Canto 14°

Temi e canti: 1-33 Festa delle anime • 34-60 Discorso di Salomone: la luce dei beati • 61-81 Nuova festa delle anime • 82-139 Cielo di Marte: visione della Croce

Paradiso

CANTO XIV

Dal centro al cerchio,e sì dal cerchio al centro

movesi l’acqua in un ritondo vaso,

secondo ch’è percosso fuori o dentro:   [3]

ne la mia mente fé sùbito caso

questo ch’io dico, sì come si tacque

la gloriosa vita di Tommaso,   [6]

per la similitudine che nacque

del suo parlare e di quel di Beatrice,

a cui sì cominciar, dopo lui, piacque:   [9]

«A costui fa mestieri, e nol vi dice

né con la voce né pensando ancora,

d’un altro vero andare a la radice.   [12]

Diteli se la luce onde s’infiora

vostra sustanza, rimarrà con voi

etternalmente sì com’ell’è ora;   [15]

e se rimane, dite come, poi

che sarete visibili rifatti,

esser porà ch’al veder non vi nòi».   [18]

Come, da più letizia pinti e tratti,

a la fiata quei che vanno a rota

levan la voce e rallegrano li atti,   [21]

così, a l’orazion pronta e divota,

li santi cerchi mostrar nova gioia

nel torneare e ne la mira nota.   [24]

Qual si lamenta perché qui si moia

per viver colà sù, non vide quive

lo refrigerio de l’etterna ploia.   [27]

Quell’uno e due e tre che sempre vive

e regna sempre in tre e ‘n due e ‘n uno,

non circunscritto, e tutto circunscrive,   [30]

tre volte era cantato da ciascuno

di quelli spirti con tal melodia,

ch’ad ogne merto saria giusto muno.   [33]

E io udi’ ne la luce più dia

del minor cerchio una voce modesta,

forse qual fu da l’angelo a Maria,   [36]

risponder: «Quanto fia lunga la festa

di paradiso, tanto il nostro amore

si raggerà dintorno cotal vesta.   [39]

La sua chiarezza séguita l’ardore;

l’ardor la visione, e quella è tanta,

quant’ha di grazia sovra suo valore.   [42]

Come la carne gloriosa e santa

fia rivestita, la nostra persona

più grata fia per esser tutta quanta;   [45]

per che s’accrescerà ciò che ne dona

di gratuito lume il sommo bene,

lume ch’a lui veder ne condiziona;   [48]

onde la vision crescer convene,

crescer l’ardor che di quella s’accende,

crescer lo raggio che da esso vene.   [51]

Ma sì come carbon che fiamma rende,

e per vivo candor quella soverchia,

sì che la sua parvenza si difende;   [54]

così questo folgór che già ne cerchia

fia vinto in apparenza da la carne

che tutto dì la terra ricoperchia;   [57]

né potrà tanta luce affaticarne:

ché li organi del corpo saran forti

a tutto ciò che potrà dilettarne».   [60]

Tanto mi parver sùbiti e accorti

e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!»,

che ben mostrar disio d’i corpi morti:   [63]

forse non pur per lor, ma per le mamme,

per li padri e per li altri che fuor cari

anzi che fosser sempiterne fiamme.   [66]

Ed ecco intorno, di chiarezza pari,

nascere un lustro sopra quel che v’era,

per guisa d’orizzonte che rischiari.   [69]

E sì come al salir di prima sera

comincian per lo ciel nove parvenze,

sì che la vista pare e non par vera,   [72]

parvemi lì novelle sussistenze

cominciare a vedere, e fare un giro

di fuor da l’altre due circunferenze.   [75]

Oh vero sfavillar del Santo Spiro!

come si fece sùbito e candente

a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!   [78]

Ma Beatrice sì bella e ridente

mi si mostrò, che tra quelle vedute

si vuol lasciar che non seguir la mente.   [81]

Quindi ripreser li occhi miei virtute

a rilevarsi; e vidimi translato

sol con mia donna in più alta salute.   [84]

Ben m’accors’io ch’io era più levato,

per l’affocato riso de la stella,

che mi parea più roggio che l’usato.   [87]

Con tutto ‘l core e con quella favella

ch’è una in tutti, a Dio feci olocausto,

qual conveniesi a la grazia novella.   [90]

E non er’anco del mio petto essausto

l’ardor del sacrificio, ch’io conobbi

esso litare stato accetto e fausto;   [93]

ché con tanto lucore e tanto robbi

m’apparvero splendor dentro a due raggi,

ch’io dissi: «O Eliòs che sì li addobbi!».   [96]

Come distinta da minori e maggi

lumi biancheggia tra ‘ poli del mondo

Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;   [99]

sì costellati facean nel profondo

Marte quei raggi il venerabil segno

che fan giunture di quadranti in tondo.   [102]

Qui vince la memoria mia lo ‘ngegno;

ché quella croce lampeggiava Cristo,

sì ch’io non so trovare essempro degno;   [105]

ma chi prende sua croce e segue Cristo,

ancor mi scuserà di quel ch’io lasso,

vedendo in quell’albor balenar Cristo.   [108]

Di corno in corno e tra la cima e ‘l basso

si movien lumi, scintillando forte

nel congiugnersi insieme e nel trapasso:   [111]

così si veggion qui diritte e torte,

veloci e tarde, rinovando vista,

le minuzie d’i corpi, lunghe e corte,   [114]

moversi per lo raggio onde si lista

talvolta l’ombra che, per sua difesa,

la gente con ingegno e arte acquista.   [117]

E come giga e arpa, in tempra tesa

di molte corde, fa dolce tintinno

a tal da cui la nota non è intesa,   [120]

così da’ lumi che lì m’apparinno

s’accogliea per la croce una melode

che mi rapiva, sanza intender l’inno.   [123]

Ben m’accors’io ch’elli era d’alte lode,

però ch’a me venìa «Resurgi» e «Vinci»

come a colui che non intende e ode.   [126]

Io m’innamorava tanto quinci,

che ‘nfino a lì non fu alcuna cosa

che mi legasse con sì dolci vinci.   [129]

Forse la mia parola par troppo osa,

posponendo il piacer de li occhi belli,

ne’ quai mirando mio disio ha posa;   [132]

ma chi s’avvede che i vivi suggelli

d’ogne bellezza più fanno più suso,

e ch’io non m’era lì rivolto a quelli,   [135]

escusar puommi di quel ch’io m’accuso

per escusarmi, e vedermi dir vero:

ché ‘l piacer santo non è qui dischiuso,   [138]

perché si fa, montando, più sincero.