Purgatorio – Canto VIII

Purgatorio – Canto VIII / Ottavo Canto / Canto 8°

Temi e versi: 1-18 Preghiera del tramonto • 19-42 Gli angeli guardiani • 43-84 Nino Visconti • 85-93 Le tre stelle • 94-108 Il serpente • 109-139 Corrado Malaspina

Purgatorio

CANTO VIII

Era già l’ora che volge il disio

ai navicanti e ‘ntenerisce il core

lo dì c’han detto ai dolci amici addio;   [3]

e che lo novo peregrin d’amore

punge, se ode squilla di lontano

che paia il giorno pianger che si more;   [6]

quand’io incominciai a render vano

l’udire e a mirare una de l’alme

surta, che l’ascoltar chiedea con mano.   [9]

Ella giunse e levò ambo le palme,

ficcando li occhi verso l’oriente,

come dicesse a Dio: ‘D’altro non calme’.   [12]

‘Te lucis ante’ sì devotamente

le uscìo di bocca e con sì dolci note,

che fece me a me uscir di mente;   [15]

e l’altre poi dolcemente e devote

seguitar lei per tutto l’inno intero,

avendo li occhi a le superne rote.   [18]

Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero,

ché ‘l velo è ora ben tanto sottile,

certo che ‘l trapassar dentro è leggero.   [21]

Io vidi quello essercito gentile

tacito poscia riguardare in sùe

quasi aspettando, palido e umìle;   [24]

e vidi uscir de l’alto e scender giùe

due angeli con due spade affocate,

tronche e private de le punte sue.   [27]

Verdi come fogliette pur mo nate

erano in veste, che da verdi penne

percosse traean dietro e ventilate.   [30]

L’un poco sovra noi a star si venne,

e l’altro scese in l’opposita sponda,

sì che la gente in mezzo si contenne.   [33]

Ben discernea in lor la testa bionda;

ma ne la faccia l’occhio si smarria,

come virtù ch’a troppo si confonda.   [36]

«Ambo vegnon del grembo di Maria»,

disse Sordello, «a guardia de la valle,

per lo serpente che verrà vie via».   [39]

Ond’io, che non sapeva per qual calle,

mi volsi intorno, e stretto m’accostai,

tutto gelato, a le fidate spalle.   [42]

E Sordello anco: «Or avvalliamo omai

tra le grandi ombre, e parleremo ad esse;

grazioso fia lor vedervi assai».   [45]

Solo tre passi credo ch’i’ scendesse,

e fui di sotto, e vidi un che mirava

pur me, come conoscer mi volesse.   [48]

Temp’era già che l’aere s’annerava,

ma non sì che tra li occhi suoi e ‘ miei

non dichiarisse ciò che pria serrava.   [51]

Ver’ me si fece, e io ver’ lui mi fei:

giudice Nin gentil, quanto mi piacque

quando ti vidi non esser tra ‘ rei!   [54]

Nullo bel salutar tra noi si tacque;

poi dimandò: «Quant’è che tu venisti

a piè del monte per le lontane acque?».   [57]

«Oh!», diss’io lui, «per entro i luoghi tristi

venni stamane, e sono in prima vita,

ancor che l’altra, sì andando, acquisti».   [60]

E come fu la mia risposta udita,

Sordello ed elli in dietro si raccolse

come gente di sùbito smarrita.   [63]

L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse

che sedea lì, gridando:«Sù, Currado!

vieni a veder che Dio per grazia volse».   [66]

Poi, vòlto a me: «Per quel singular grado

che tu dei a colui che sì nasconde

lo suo primo perché, che non lì è guado,   [69]

quando sarai di là da le larghe onde,

dì a Giovanna mia che per me chiami

là dove a li ‘nnocenti si risponde.   [72]

Non credo che la sua madre più m’ami,

poscia che trasmutò le bianche bende,

le quai convien che, misera!, ancor brami.   [75]

Per lei assai di lieve si comprende

quanto in femmina foco d’amor dura,

se l’occhio o ‘l tatto spesso non l’accende.   [78]

Non le farà sì bella sepultura

la vipera che Melanesi accampa,

com’avria fatto il gallo di Gallura».   [81]

Così dicea, segnato de la stampa,

nel suo aspetto, di quel dritto zelo

che misuratamente in core avvampa.   [84]

Li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,

pur là dove le stelle son più tarde,

sì come rota più presso a lo stelo.   [87]

E ‘l duca mio: «Figliuol, che là sù guarde?».

E io a lui: «A quelle tre facelle

di che ‘l polo di qua tutto quanto arde».   [90]

Ond’elli a me: «Le quattro chiare stelle

che vedevi staman, son di là basse,

e queste son salite ov’eran quelle».   [93]

Com’ei parlava, e Sordello a sé il trasse

dicendo:«Vedi là ‘l nostro avversaro»;

e drizzò il dito perché ‘n là guardasse.   [96]

Da quella parte onde non ha riparo

la picciola vallea, era una biscia,

forse qual diede ad Eva il cibo amaro.   [99]

Tra l’erba e ‘ fior venìa la mala striscia,

volgendo ad ora ad or la testa, e ‘l dosso

leccando come bestia che si liscia.   [102]

Io non vidi, e però dicer non posso,

come mosser li astor celestiali;

ma vidi bene e l’uno e l’altro mosso.   [105]

Sentendo fender l’aere a le verdi ali,

fuggì ‘l serpente, e li angeli dier volta,

suso a le poste rivolando iguali.   [108]

L’ombra che s’era al giudice raccolta

quando chiamò, per tutto quello assalto

punto non fu da me guardare sciolta.   [111]

«Se la lucerna che ti mena in alto

truovi nel tuo arbitrio tanta cera

quant’è mestiere infino al sommo smalto»,   [114]

cominciò ella, «se novella vera

di Val di Magra o di parte vicina

sai, dillo a me, che già grande là era.   [117]

Fui chiamato Currado Malaspina;

non son l’antico, ma di lui discesi;

a’ miei portai l’amor che qui raffina».   [120]

«Oh!», diss’io lui, «per li vostri paesi

già mai non fui; ma dove si dimora

per tutta Europa ch’ei non sien palesi?   [123]

La fama che la vostra casa onora,

grida i segnori e grida la contrada,

sì che ne sa chi non vi fu ancora;   [126]

e io vi giuro, s’io di sopra vada,

che vostra gente onrata non si sfregia

del pregio de la borsa e de la spada.   [129]

Uso e natura sì la privilegia,

che, perché il capo reo il mondo torca,

sola va dritta e ‘l mal cammin dispregia».   [132]

Ed elli: «Or va; che ‘l sol non si ricorca

sette volte nel letto che ‘l Montone

con tutti e quattro i piè cuopre e inforca,   [135]

che cotesta cortese oppinione

ti fia chiavata in mezzo de la testa

con maggior chiovi che d’altrui sermone,   [138]

se corso di giudicio non s’arresta».