Paradiso – Canto XXVII

Paradiso – Canto XXVII / Ventisettesimo Canto / Canto 27°

Temi e canti: 1-9 Inno dei santi a Dio • 10-66 Invettiva di san Pietro contro i papi corrotti • 67-120 Salita di Dante al Primo Mobile • 121-148 Lamento e profezia di Beatrice

Paradiso

CANTO XXVII

‘Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo’,

cominciò, ‘gloria!’, tutto ‘l paradiso,

sì che m’inebriava il dolce canto.   [3]

Ciò ch’io vedeva mi sembiava un riso

de l’universo; per che mia ebbrezza

intrava per l’udire e per lo viso.   [6]

Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!

oh vita intègra d’amore e di pace!

oh sanza brama sicura ricchezza!   [9]

Dinanzi a li occhi miei le quattro face

stavano accese, e quella che pria venne

incominciò a farsi più vivace,   [12]

e tal ne la sembianza sua divenne,

qual diverrebbe Iove, s’elli e Marte

fossero augelli e cambiassersi penne.   [15]

La provedenza, che quivi comparte

vice e officio, nel beato coro

silenzio posto avea da ogne parte,   [18]

quand’io udi’: «Se io mi trascoloro,

non ti maravigliar, ché, dicend’io,

vedrai trascolorar tutti costoro.   [21]

Quelli ch’usurpa in terra il luogo mio,

il luogo mio, il luogo mio, che vaca

ne la presenza del Figliuol di Dio,   [24]

fatt’ha del cimitero mio cloaca

del sangue e de la puzza; onde ‘l perverso

che cadde di qua sù, là giù si placa».   [27]

Di quel color che per lo sole avverso

nube dipigne da sera e da mane,

vid’io allora tutto ‘l ciel cosperso.   [30]

E come donna onesta che permane

di sé sicura, e per l’altrui fallanza,

pur ascoltando, timida si fane,   [33]

così Beatrice trasmutò sembianza;

e tale eclissi credo che ‘n ciel fue,

quando patì la supprema possanza.   [36]

Poi procedetter le parole sue

con voce tanto da sé trasmutata,

che la sembianza non si mutò piùe:   [39]

«Non fu la sposa di Cristo allevata

del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,

per essere ad acquisto d’oro usata;   [42]

ma per acquisto d’esto viver lieto

e Sisto e Pio e Calisto e Urbano

sparser lo sangue dopo molto fleto.   [45]

Non fu nostra intenzion ch’a destra mano

d’i nostri successor parte sedesse,

parte da l’altra del popol cristiano;   [48]

né che le chiavi che mi fuor concesse,

divenisser signaculo in vessillo

che contra battezzati combattesse;   [51]

né ch’io fossi figura di sigillo

a privilegi venduti e mendaci,

ond’io sovente arrosso e disfavillo.   [54]

In vesta di pastor lupi rapaci

si veggion di qua sù per tutti i paschi:

o difesa di Dio, perché pur giaci?   [57]

Del sangue nostro Caorsini e Guaschi

s’apparecchian di bere: o buon principio,

a che vil fine convien che tu caschi!   [60]

Ma l’alta provedenza, che con Scipio

difese a Roma la gloria del mondo,

soccorrà tosto, sì com’io concipio;   [63]

e tu, figliuol, che per lo mortal pondo

ancor giù tornerai, apri la bocca,

e non asconder quel ch’io non ascondo».   [66]

Sì come di vapor gelati fiocca

in giuso l’aere nostro, quando ‘l corno

de la capra del ciel col sol si tocca,   [69]

in sù vid’io così l’etera addorno

farsi e fioccar di vapor triunfanti

che fatto avien con noi quivi soggiorno.   [72]

Lo viso mio seguiva i suoi sembianti,

e seguì fin che ‘l mezzo, per lo molto,

li tolse il trapassar del più avanti.   [75]

Onde la donna, che mi vide assolto

de l’attendere in sù, mi disse: «Adima

il viso e guarda come tu se’ vòlto».   [78]

Da l’ora ch’io avea guardato prima

i’ vidi mosso me per tutto l’arco

che fa dal mezzo al fine il primo clima;   [81]

sì ch’io vedea di là da Gade il varco

folle d’Ulisse, e di qua presso il lito

nel qual si fece Europa dolce carco.   [84]

E più mi fora discoverto il sito

di questa aiuola; ma ‘l sol procedea

sotto i mie’ piedi un segno e più partito.   [87]

La mente innamorata, che donnea

con la mia donna sempre, di ridure

ad essa li occhi più che mai ardea;   [90]

e se natura o arte fé pasture

da pigliare occhi, per aver la mente,

in carne umana o ne le sue pitture,   [93]

tutte adunate, parrebber niente

ver’ lo piacer divin che mi refulse,

quando mi volsi al suo viso ridente.   [96]

E la virtù che lo sguardo m’indulse,

del bel nido di Leda mi divelse,

e nel ciel velocissimo m’impulse.   [99]

Le parti sue vivissime ed eccelse

sì uniforme son, ch’i’ non so dire

qual Beatrice per loco mi scelse.   [102]

Ma ella, che vedea ‘l mio disire,

incominciò, ridendo tanto lieta,

che Dio parea nel suo volto gioire:   [105]

«La natura del mondo, che quieta

il mezzo e tutto l’altro intorno move,

quinci comincia come da sua meta;   [108]

e questo cielo non ha altro dove

che la mente divina, in che s’accende

l’amor che ‘l volge e la virtù ch’ei piove.   [111]

Luce e amor d’un cerchio lui comprende,

sì come questo li altri; e quel precinto

colui che ‘l cinge solamente intende.   [114]

Non è suo moto per altro distinto,

ma li altri son mensurati da questo,

sì come diece da mezzo e da quinto;   [117]

e come il tempo tegna in cotal testo

le sue radici e ne li altri le fronde,

omai a te può esser manifesto.   [120]

Oh cupidigia che i mortali affonde

sì sotto te, che nessuno ha podere

di trarre li occhi fuor de le tue onde!   [123]

Ben fiorisce ne li uomini il volere;

ma la pioggia continua converte

in bozzacchioni le sosine vere.   [126]

Fede e innocenza son reperte

solo ne’ parvoletti; poi ciascuna

pria fugge che le guance sian coperte.   [129]

Tale, balbuziendo ancor, digiuna,

che poi divora, con la lingua sciolta,

qualunque cibo per qualunque luna;   [132]

e tal, balbuziendo, ama e ascolta

la madre sua, che, con loquela intera,

disia poi di vederla sepolta.   [135]

Così si fa la pelle bianca nera

nel primo aspetto de la bella figlia

di quel ch’apporta mane e lascia sera.   [138]

Tu, perché non ti facci maraviglia,

pensa che ‘n terra non è chi governi;

onde sì svia l’umana famiglia.   [141]

Ma prima che gennaio tutto si sverni

per la centesma ch’è là giù negletta,

raggeran sì questi cerchi superni,   [144]

che la fortuna che tanto s’aspetta,

le poppe volgerà u’ son le prore,

sì che la classe correrà diretta;   [147]

e vero frutto verrà dopo ‘l fiore».