Paradiso – Canto XXV

Paradiso – Canto XXV / Venticinquesimo Canto / Canto 25°

Temi e canti: 1-12 Le speranze di Dante: il ritorno in patria e l’alloro poetico • 13-39 San Giacomo • 40-99 Dante esaminato sulla speranza • 100-117 San Giovanni • 118-139 Dante abbagliato

Paradiso

CANTO XXV

Se mai continga che ‘l poema sacro

al quale ha posto mano e cielo e terra,

sì che m’ha fatto per molti anni macro,   [3]

vinca la crudeltà che fuor mi serra

del bello ovile ov’io dormi’ agnello,

nimico ai lupi che li danno guerra;   [6]

con altra voce omai, con altro vello

ritornerò poeta, e in sul fonte

del mio battesmo prenderò ‘l cappello;   [9]

però che ne la fede, che fa conte

l’anime a Dio, quivi intra’ io, e poi

Pietro per lei sì mi girò la fronte.   [12]

Indi si mosse un lume verso noi

di quella spera ond’uscì la primizia

che lasciò Cristo d’i vicari suoi;   [15]

e la mia donna, piena di letizia,

mi disse: «Mira, mira: ecco il barone

per cui là giù si vicita Galizia».   [18]

Sì come quando il colombo si pone

presso al compagno, l’uno a l’altro pande,

girando e mormorando, l’affezione;   [21]

così vid’io l’un da l’altro grande

principe glorioso essere accolto,

laudando il cibo che là sù li prande.   [24]

Ma poi che ‘l gratular si fu assolto,

tacito coram me ciascun s’affisse,

ignito sì che vincea ‘l mio volto.   [27]

Ridendo allora Beatrice disse:

«Inclita vita per cui la larghezza

de la nostra basilica si scrisse,   [30]

fa risonar la spene in questa altezza:

tu sai, che tante fiate la figuri,

quante Iesù ai tre fé più carezza».   [33]

«Leva la testa e fa che t’assicuri:

che ciò che vien qua sù del mortal mondo,

convien ch’ai nostri raggi si maturi».   [36]

Questo conforto del foco secondo

mi venne; ond’io levai li occhi a’ monti

che li ‘ncurvaron pria col troppo pondo.   [39]

«Poi che per grazia vuol che tu t’affronti

lo nostro Imperadore, anzi la morte,

ne l’aula più secreta co’ suoi conti,   [42]

sì che, veduto il ver di questa corte,

la spene, che là giù bene innamora,

in te e in altrui di ciò conforte,   [45]

di’ quel ch’ell’è, di’ come se ne ‘nfiora

la mente tua, e dì onde a te venne».

Così seguì ‘l secondo lume ancora.   [48]

E quella pia che guidò le penne

de le mie ali a così alto volo,

a la risposta così mi prevenne:   [51]

«La Chiesa militante alcun figliuolo

non ha con più speranza, com’è scritto

nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:   [54]

però li è conceduto che d’Egitto

vegna in Ierusalemme per vedere,

anzi che ‘l militar li sia prescritto.   [57]

Li altri due punti, che non per sapere

son dimandati, ma perch’ei rapporti

quanto questa virtù t’è in piacere,   [60]

a lui lasc’io, ché non li saran forti

né di iattanza; ed elli a ciò risponda,

e la grazia di Dio ciò li comporti».   [63]

Come discente ch’a dottor seconda

pronto e libente in quel ch’elli è esperto,

perché la sua bontà si disasconda,   [66]

«Spene», diss’io, «è uno attender certo

de la gloria futura, il qual produce

grazia divina e precedente merto.   [69]

Da molte stelle mi vien questa luce;

ma quei la distillò nel mio cor pria

che fu sommo cantor del sommo duce.   [72]

‘Sperino in te’, ne la sua teodìa

dice, ‘color che sanno il nome tuo’:

e chi nol sa, s’elli ha la fede mia?   [75]

Tu mi stillasti, con lo stillar suo,

ne la pistola poi; sì ch’io son pieno,

e in altrui vostra pioggia repluo».   [78]

Mentr’ io diceva, dentro al vivo seno

di quello incendio tremolava un lampo

sùbito e spesso a guisa di baleno.   [81]

Indi spirò: «L’amore ond’io avvampo

ancor ver’ la virtù che mi seguette

infin la palma e a l’uscir del campo,   [84]

vuol ch’io respiri a te che ti dilette

di lei; ed emmi a grato che tu diche

quello che la speranza ti ‘mpromette».   [87]

E io: «Le nove e le scritture antiche

pongon lo segno, ed esso lo mi addita,

de l’anime che Dio s’ha fatte amiche.   [90]

Dice Isaia che ciascuna vestita

ne la sua terra fia di doppia vesta:

e la sua terra è questa dolce vita;   [93]

e ‘l tuo fratello assai vie più digesta,

là dove tratta de le bianche stole,

questa revelazion ci manifesta».   [96]

E prima, appresso al fin d’este parole,

‘Sperent in te’ di sopr’a noi s’udì;

a che rispuoser tutte le carole.   [99]

Poscia tra esse un lume si schiarì

sì che, se ‘l Cancro avesse un tal cristallo,

l’inverno avrebbe un mese d’un sol dì.   [102]

E come surge e va ed entra in ballo

vergine lieta, sol per fare onore

a la novizia, non per alcun fallo,   [105]

così vid’io lo schiarato splendore

venire a’ due che si volgieno a nota

qual conveniesi al loro ardente amore.   [108]

Misesi lì nel canto e ne la rota;

e la mia donna in lor tenea l’aspetto,

pur come sposa tacita e immota.   [111]

«Questi è colui che giacque sopra ‘l petto

del nostro pellicano, e questi fue

di su la croce al grande officio eletto».   [114]

La donna mia così; né però piùe

mosser la vista sua di stare attenta

poscia che prima le parole sue.   [117]

Qual è colui ch’adocchia e s’argomenta

di vedere eclissar lo sole un poco,

che, per veder, non vedente diventa;   [120]

tal mi fec’io a quell’ultimo foco

mentre che detto fu: «Perché t’abbagli

per veder cosa che qui non ha loco?   [123]

In terra è terra il mio corpo, e saragli

tanto con li altri, che ‘l numero nostro

con l’etterno proposito s’agguagli.   [126]

Con le due stole nel beato chiostro

son le due luci sole che saliro;

e questo apporterai nel mondo vostro».   [129]

A questa voce l’infiammato giro

si quietò con esso il dolce mischio

che si facea nel suon del trino spiro,   [132]

sì come, per cessar fatica o rischio,

li remi, pria ne l’acqua ripercossi,

tutti si posano al sonar d’un fischio.   [135]

Ahi quanto ne la mente mi commossi,

quando mi volsi per veder Beatrice,

per non poter veder, benché io fossi   [138]

presso di lei, e nel mondo felice!