Paradiso – Canto XIII

Paradiso – Canto XIII / Tredicesimo Canto / Canto 13°

Temi e canti: 1-30 Canto e danza dei beati • 31-87 Discorso di san Tommaso: la sapienza di Adamo e Gesù • 88-111 La sapienza di Salomone • 112-142 Gli errori dei giudizi umani

Paradiso

CANTO XIII

Imagini, chi bene intender cupe

quel ch’i’ or vidi – e ritegna l’image,

mentre ch’io dico, come ferma rupe –,   [3]

quindici stelle che ‘n diverse plage

lo ciel avvivan di tanto sereno

che soperchia de l’aere ogne compage;   [6]

imagini quel carro a cu’ il seno

basta del nostro cielo e notte e giorno,

sì ch’al volger del temo non vien meno;   [9]

imagini la bocca di quel corno

che si comincia in punta de lo stelo

a cui la prima rota va dintorno,   [12]

aver fatto di sé due segni in cielo,

qual fece la figliuola di Minoi

allora che sentì di morte il gelo;   [15]

e l’un ne l’altro aver li raggi suoi,

e amendue girarsi per maniera

che l’uno andasse al primo e l’altro al poi;   [18]

e avrà quasi l’ombra de la vera

costellazione e de la doppia danza

che circulava il punto dov’io era:   [21]

poi ch’è tanto di là da nostra usanza,

quanto di là dal mover de la Chiana

si move il ciel che tutti li altri avanza.   [24]

Lì si cantò non Bacco, non Peana,

ma tre persone in divina natura,

e in una persona essa e l’umana.   [27]

Compié ‘l cantare e ‘l volger sua misura;

e attesersi a noi quei santi lumi,

felicitando sé di cura in cura.   [30]

Ruppe il silenzio ne’ concordi numi

poscia la luce in che mirabil vita

del poverel di Dio narrata fumi,   [33]

e disse: «Quando l’una paglia è trita,

quando la sua semenza è già riposta,

a batter l’altra dolce amor m’invita.   [36]

Tu credi che nel petto onde la costa

si trasse per formar la bella guancia

il cui palato a tutto ‘l mondo costa,   [39]

e in quel che, forato da la lancia,

e prima e poscia tanto sodisfece,

che d’ogne colpa vince la bilancia,   [42]

quantunque a la natura umana lece

aver di lume, tutto fosse infuso

da quel valor che l’uno e l’altro fece;   [45]

e però miri a ciò ch’io dissi suso,

quando narrai che non ebbe ‘l secondo

lo ben che ne la quinta luce è chiuso.   [48]

Or apri li occhi a quel ch’io ti rispondo,

e vedrai il tuo credere e ‘l mio dire

nel vero farsi come centro in tondo.   [51]

Ciò che non more e ciò che può morire

non è se non splendor di quella idea

che partorisce, amando, il nostro Sire;   [54]

ché quella viva luce che sì mea

dal suo lucente, che non si disuna

da lui né da l’amor ch’a lor s’intrea,   [57]

per sua bontate il suo raggiare aduna,

quasi specchiato, in nove sussistenze,

etternalmente rimanendosi una.   [60]

Quindi discende a l’ultime potenze

giù d’atto in atto, tanto divenendo,

che più non fa che brevi contingenze;   [63]

e queste contingenze essere intendo

le cose generate, che produce

con seme e sanza seme il ciel movendo.   [66]

La cera di costoro e chi la duce

non sta d’un modo; e però sotto ‘l segno

ideale poi più e men traluce.   [69]

Ond’elli avvien ch’un medesimo legno,

secondo specie, meglio e peggio frutta;

e voi nascete con diverso ingegno.   [72]

Se fosse a punto la cera dedutta

e fosse il cielo in sua virtù supprema,

la luce del suggel parrebbe tutta;   [75]

ma la natura la dà sempre scema,

similemente operando a l’artista

ch’a l’abito de l’arte ha man che trema.   [78]

Però se ‘l caldo amor la chiara vista

de la prima virtù dispone e segna,

tutta la perfezion quivi s’acquista.   [81]

Così fu fatta già la terra degna

di tutta l’animal perfezione;

così fu fatta la Vergine pregna;   [84]

sì ch’io commendo tua oppinione,

che l’umana natura mai non fue

né fia qual fu in quelle due persone.   [87]

Or s’i’ non procedesse avanti piùe,

‘Dunque, come costui fu sanza pare?’

comincerebber le parole tue.   [90]

Ma perché paia ben ciò che non pare,

pensa chi era, e la cagion che ‘l mosse,

quando fu detto “Chiedi”, a dimandare.   [93]

Non ho parlato sì, che tu non posse

ben veder ch’el fu re, che chiese senno

acciò che re sufficiente fosse;   [96]

non per sapere il numero in che enno

li motor di qua sù, o se necesse

con contingente mai necesse fenno;   [99]

non si est dare primum motum esse,

o se del mezzo cerchio far si puote

triangol sì ch’un retto non avesse.   [102]

Onde, se ciò ch’io dissi e questo note,

regal prudenza è quel vedere impari

in che lo stral di mia intenzion percuote;   [105]

e se al “surse” drizzi li occhi chiari,

vedrai aver solamente respetto

ai regi, che son molti, e ‘ buon son rari.   [108]

Con questa distinzion prendi ‘l mio detto;

e così puote star con quel che credi

del primo padre e del nostro Diletto.   [111]

E questo ti sia sempre piombo a’ piedi,

per farti mover lento com’uom lasso

e al sì e al no che tu non vedi:   [114]

ché quelli è tra li stolti bene a basso,

che sanza distinzione afferma e nega

ne l’un così come ne l’altro passo;   [117]

perch’elli ‘ncontra che più volte piega

l’oppinion corrente in falsa parte,

e poi l’affetto l’intelletto lega.   [120]

Vie più che ‘ndarno da riva si parte,

perché non torna tal qual e’ si move,

chi pesca per lo vero e non ha l’arte.   [123]

E di ciò sono al mondo aperte prove

Parmenide, Melisso e Brisso e molti,

li quali andaro e non sapean dove;   [126]

sì fé Sabellio e Arrio e quelli stolti

che furon come spade a le Scritture

in render torti li diritti volti.   [129]

Non sien le genti, ancor, troppo sicure

a giudicar, sì come quei che stima

le biade in campo pria che sien mature;   [132]

ch’i’ ho veduto tutto ‘l verno prima

lo prun mostrarsi rigido e feroce;

poscia portar la rosa in su la cima;   [135]

e legno vidi già dritto e veloce

correr lo mar per tutto suo cammino,

perire al fine a l’intrar de la foce.   [138]

Non creda donna Berta e ser Martino,

per vedere un furare, altro offerere,

vederli dentro al consiglio divino;   [141]

ché quel può surgere, e quel può cadere».