Purgatorio – Canto XVIII / Diciottesimo Canto / Canto 18°
Temi e canti: 1-39 Natura dell’amore • 40-75 Amore e libero arbitrio • 76-138 Gli accidiosi • 139-145 Sonno di Dante
Purgatorio
CANTO XVIII
Posto avea fine al suo ragionamento
l’alto dottore, e attento guardava
ne la mia vista s’io parea contento; [3]
e io, cui nova sete ancor frugava,
di fuor tacea, e dentro dicea: ‘Forse
lo troppo dimandar ch’io fo li grava’. [6]
Ma quel padre verace, che s’accorse
del timido voler che non s’apriva,
parlando, di parlare ardir mi porse. [9]
Ond’io: «Maestro, il mio veder s’avviva
sì nel tuo lume, ch’io discerno chiaro
quanto la tua ragion parta o descriva. [12]
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci
ogne buono operare e ‘l suo contraro». [15]
«Drizza», disse, «ver’ me l’agute luci
de lo ‘ntelletto, e fieti manifesto
l’error de’ ciechi che si fanno duci. [18]
L’animo, ch’è creato ad amar presto,
ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto. [21]
Vostra apprensiva da esser verace
tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
sì che l’animo ad essa volger face; [24]
e se, rivolto, inver’ di lei si piega,
quel piegare è amor, quell’è natura
che per piacer di novo in voi si lega. [27]
Poi, come ‘l foco movesi in altura
per la sua forma ch’è nata a salire
là dove più in sua matera dura, [30]
così l’animo preso entra in disire,
ch’è moto spiritale, e mai non posa
fin che la cosa amata il fa gioire. [33]
Or ti puote apparer quant’è nascosa
la veritate a la gente ch’avvera
ciascun amore in sé laudabil cosa; [36]
però che forse appar la sua matera
sempre esser buona, ma non ciascun segno
è buono, ancor che buona sia la cera». [39]
«Le tue parole e ‘l mio seguace ingegno»,
rispuos’io lui, «m’hanno amor discoverto,
ma ciò m’ha fatto di dubbiar più pregno; [42]
ché, s’amore è di fuori a noi offerto,
e l’anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo merto». [45]
Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede,
dir ti poss’io; da indi in là t’aspetta
pur a Beatrice, ch’è opra di fede. [48]
Ogne forma sustanzial, che setta
è da matera ed è con lei unita,
specifica vertute ha in sé colletta, [51]
la qual sanza operar non è sentita,
né si dimostra mai che per effetto,
come per verdi fronde in pianta vita. [54]
Però, là onde vegna lo ‘ntelletto
de le prime notizie, omo non sape,
e de’ primi appetibili l’affetto, [57]
che sono in voi sì come studio in ape
di far lo mele; e questa prima voglia
merto di lode o di biasmo non cape. [60]
Or perché a questa ogn’altra si raccoglia,
innata v’è la virtù che consiglia,
e de l’assenso de’ tener la soglia. [63]
Quest’è ‘l principio là onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
che buoni e rei amori accoglie e viglia. [66]
Color che ragionando andaro al fondo,
s’accorser d’esta innata libertate;
però moralità lasciaro al mondo. [69]
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi s’accende,
di ritenerlo è in voi la podestate. [72]
La nobile virtù Beatrice intende
per lo libero arbitrio, e però guarda
che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende». [75]
La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com’un secchion che tuttor arda; [78]
e correa contro ‘l ciel per quelle strade
che ‘l sole infiamma allor che quel da Roma
tra Sardi e ‘ Corsi il vede quando cade. [81]
E quell’ombra gentil per cui si noma
Pietola più che villa mantoana,
del mio carcar diposta avea la soma; [84]
per ch’io, che la ragione aperta e piana
sovra le mie quistioni avea ricolta,
stava com’om che sonnolento vana. [87]
Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta. [90]
E quale Ismeno già vide e Asopo
lungo di sè di notte furia e calca,
pur che i Teban di Bacco avesser uopo, [93]
cotal per quel giron suo passo falca,
per quel ch’io vidi di color, venendo,
cui buon volere e giusto amor cavalca. [96]
Tosto fur sovr’a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo: [99]
«Maria corse con fretta a la montagna;
e Cesare, per soggiogare Ilerda,
punse Marsilia e poi corse in Ispagna». [102]
«Ratto, ratto, che ‘l tempo non si perda
per poco amor», gridavan li altri appresso,
«che studio di ben far grazia rinverda». [105]
«O gente in cui fervore aguto adesso
ricompie forse negligenza e indugio
da voi per tepidezza in ben far messo, [108]
questi che vive, e certo i’ non vi bugio,
vuole andar sù, pur che ‘l sol ne riluca;
però ne dite ond’è presso il pertugio». [111]
Parole furon queste del mio duca;
e un di quelli spirti disse: «Vieni
di retro a noi, e troverai la buca. [114]
Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che restar non potem; però perdona,
se villania nostra giustizia tieni. [117]
Io fui abate in San Zeno a Verona
sotto lo ‘mperio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona. [120]
E tale ha già l’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d’avere avuta possa; [123]
perché suo figlio, mal del corpo intero,
e de la mente peggio, e che mal nacque,
ha posto in loco di suo pastor vero». [126]
Io non so se più disse o s’ei si tacque,
tant’era già di là da noi trascorso;
ma questo intesi, e ritener mi piacque. [129]
E quei che m’era ad ogne uopo soccorso
disse: «Volgiti qua: vedine due
venir dando a l’accidia di morso». [132]
Di retro a tutti dicean: «Prima fue
morta la gente a cui il mar s’aperse,
che vedesse Iordan le rede sue. [135]
E quella che l’affanno non sofferse
fino a la fine col figlio d’Anchise,
sé stessa a vita sanza gloria offerse». [138]
Poi quando fuor da noi tanto divise
quell’ombre, che veder più non potiersi,
novo pensiero dentro a me si mise, [141]
del qual più altri nacquero e diversi;
e tanto d’uno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi, [144]
e ‘l pensamento in sogno trasmutai.