Inferno – Canto XIX

Inferno – Canto XIX / Diciannovesimo Canto / Canto 19°

Temi e versi: 1-30 I simoniaci • 31-87 Papa Niccolò III • 88-133 Invettiva contro i papi simoniaci

Inferno

CANTO XIX

O Simon mago, o miseri seguaci

che le cose di Dio, che di bontate

deon essere spose, e voi rapaci   [3]

per oro e per argento avolterate,

or convien che per voi suoni la tromba,

però che ne la terza bolgia state.   [6]

Già eravamo, a la seguente tomba,

montati de lo scoglio in quella parte

ch’a punto sovra mezzo ‘l fosso piomba.   [9]

O somma sapienza, quanta è l’arte

che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,

e quanto giusto tua virtù comparte!   [12]

Io vidi per le coste e per lo fondo

piena la pietra livida di fóri,

d’un largo tutti e ciascun era tondo.   [15]

Non mi parean men ampi né maggiori

che que’ che son nel mio bel San Giovanni,

fatti per loco d’i battezzatori;   [18]

l’un de li quali, ancor non è molt’anni,

rupp’io per un che dentro v’annegava:

e questo sia suggel ch’ogn’omo sganni.   [21]

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava

d’un peccator li piedi e de le gambe

infino al grosso, e l’altro dentro stava.   [24]

Le piante erano a tutti accese intrambe;

per che sì forte guizzavan le giunte,

che spezzate averien ritorte e strambe.   [27]

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte

muoversi pur su per la strema buccia,

tal era lì dai calcagni a le punte.   [30]

«Chi è colui, maestro, che si cruccia

guizzando più che li altri suoi consorti»,

diss’io, «e cui più roggia fiamma succia?».   [33]

Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti

là giù per quella ripa che più giace,

da lui saprai di sé e de’ suoi torti».   [36]

E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace:

tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto

dal tuo volere, e sai quel che si tace».   [39]

Allor venimmo in su l’argine quarto:

volgemmo e discendemmo a mano stanca

là giù nel fondo foracchiato e arto.   [42]

Lo buon maestro ancor de la sua anca

non mi dipuose, sì mi giunse al rotto

di quel che si piangeva con la zanca.   [45]

«O qual che se’ che ‘l di sù tien di sotto,

anima trista come pal commessa»,

comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto».   [48]

Io stava come ‘l frate che confessa

lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto,

richiama lui, per che la morte cessa.   [51]

Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto,

se’ tu già costì ritto, Bonifazio?

Di parecchi anni mi mentì lo scritto.   [54]

Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio

per lo qual non temesti tòrre a ‘nganno

la bella donna, e poi di farne strazio?».   [57]

Tal mi fec’io, quai son color che stanno,

per non intender ciò ch’è lor risposto,

quasi scornati, e risponder non sanno.   [60]

Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:

“Non son colui, non son colui che credi”»;

e io rispuosi come a me fu imposto.   [63]

Per che lo spirto tutti storse i piedi;

poi, sospirando e con voce di pianto,

mi disse: «Dunque che a me richiedi?   [66]

Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,

che tu abbi però la ripa corsa,

sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;   [69]

e veramente fui figliuol de l’orsa,

cupido sì per avanzar li orsatti,

che sù l’avere e qui me misi in borsa.   [72]

Di sotto al capo mio son li altri tratti

che precedetter me simoneggiando,

per le fessure de la pietra piatti.   [75]

Là giù cascherò io altresì quando

verrà colui ch’i’ credea che tu fossi

allor ch’i’ feci ‘l sùbito dimando.   [78]

Ma più è ‘l tempo già che i piè mi cossi

e ch’i’ son stato così sottosopra,

ch’el non starà piantato coi piè rossi:   [81]

ché dopo lui verrà di più laida opra

di ver’ ponente, un pastor sanza legge,

tal che convien che lui e me ricuopra.   [84]

Novo Iasón sarà, di cui si legge

ne’ Maccabei; e come a quel fu molle

suo re, così fia lui chi Francia regge».   [87]

Io non so s’i’ mi fui qui troppo folle,

ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:

«Deh, or mi dì: quanto tesoro volle   [90]

Nostro Segnore in prima da san Pietro

ch’ei ponesse le chiavi in sua balìa?

Certo non chiese se non “Viemmi retro”.   [93]

Né Pier né li altri tolsero a Matia

oro od argento, quando fu sortito

al loco che perdé l’anima ria.   [96]

Però ti sta, ché tu se’ ben punito;

e guarda ben la mal tolta moneta

ch’esser ti fece contra Carlo ardito.   [99]

E se non fosse ch’ancor lo mi vieta

la reverenza delle somme chiavi

che tu tenesti ne la vita lieta,   [102]

io userei parole ancor più gravi;

ché la vostra avarizia il mondo attrista,

calcando i buoni e sollevando i pravi.   [105]

Di voi pastor s’accorse il Vangelista,

quando colei che siede sopra l’acque

puttaneggiar coi regi a lui fu vista;   [108]

quella che con le sette teste nacque,

e da le diece corna ebbe argomento,

fin che virtute al suo marito piacque.   [111]

Fatto v’avete Dio d’oro e d’argento;

e che altro è da voi a l’idolatre,

se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?   [114]

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,

non la tua conversion, ma quella dote

che da te prese il primo ricco patre!».   [117]

E mentr’io li cantava cotai note,

o ira o coscienza che ‘l mordesse,

forte spingava con ambo le piote.   [120]

I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,

con sì contenta labbia sempre attese

lo suon de le parole vere espresse.   [123]

Però con ambo le braccia mi prese;

e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,

rimontò per la via onde discese.   [126]

Né si stancò d’avermi a sé distretto,

sì men portò sovra ‘l colmo de l’arco

che dal quarto al quinto argine è tragetto.   [129]

Quivi soavemente spuose il carco,

soave per lo scoglio sconcio ed erto

che sarebbe a le capre duro varco.   [132]

Indi un altro vallon mi fu scoperto.