Paradiso – Canto XXII / Ventiduesimo Canto / Canto 22°
Temi e canti: 1-24 Il grido delle anime • 25-99 San Benedetto • 100-111 Salita al cielo delle stelle fisse • 112-154 Invocazione ai Gemelli e contemplazione dall’alto del cammino percorso • 151 L’aiuola che ci fa tanto feroci
Paradiso
CANTO XXII
Oppresso di stupore, a la mia guida
mi volsi, come parvol che ricorre
sempre colà dove più si confida; [3]
e quella, come madre che soccorre
sùbito al figlio palido e anelo
con la sua voce, che ‘l suol ben disporre, [6]
mi disse: «Non sai tu che tu se’ in cielo?
e non sai tu che ‘l cielo è tutto santo,
e ciò che ci si fa vien da buon zelo? [9]
Come t’avrebbe trasmutato il canto,
e io ridendo, mo pensar lo puoi,
poscia che ‘l grido t’ha mosso cotanto; [12]
nel qual, se ‘nteso avessi i prieghi suoi,
già ti sarebbe nota la vendetta
che tu vedrai innanzi che tu muoi. [15]
La spada di qua sù non taglia in fretta
né tardo, ma’ ch’al parer di colui
che disiando o temendo l’aspetta. [18]
Ma rivolgiti omai inverso altrui;
ch’assai illustri spiriti vedrai,
se com’io dico l’aspetto redui». [21]
Come a lei piacque, li occhi ritornai,
e vidi cento sperule che ‘nsieme
più s’abbellivan con mutui rai. [24]
Io stava come quei che ‘n sé repreme
la punta del disio, e non s’attenta
di domandar, sì del troppo si teme; [27]
e la maggiore e la più luculenta
di quelle margherite innanzi fessi,
per far di sé la mia voglia contenta. [30]
Poi dentro a lei udi’: «Se tu vedessi
com’io la carità che tra noi arde,
li tuoi concetti sarebbero espressi. [33]
Ma perché tu, aspettando, non tarde
a l’alto fine, io ti farò risposta
pur al pensier, da che sì ti riguarde. [36]
Quel monte a cui Cassino è ne la costa
fu frequentato già in su la cima
da la gente ingannata e mal disposta; [39]
e quel son io che sù vi portai prima
lo nome di colui che ‘n terra addusse
la verità che tanto ci soblima; [42]
e tanta grazia sopra me relusse,
ch’io ritrassi le ville circunstanti
da l’empio cólto che ‘l mondo sedusse. [45]
Questi altri fuochi tutti contemplanti
uomini fuoro, accesi di quel caldo
che fa nascere i fiori e ‘ frutti santi. [48]
Qui è Maccario, qui è Romoaldo,
qui son li frati miei che dentro ai chiostri
fermar li piedi e tennero il cor saldo». [51]
E io a lui: «L’affetto che dimostri
meco parlando, e la buona sembianza
ch’io veggio e noto in tutti li ardor vostri, [54]
così m’ha dilatata mia fidanza,
come ‘l sol fa la rosa quando aperta
tanto divien quant’ell’ha di possanza. [57]
Però ti priego, e tu, padre, m’accerta
s’io posso prender tanta grazia, ch’io
ti veggia con imagine scoverta». [60]
Ond’elli: «Frate, il tuo alto disio
s’adempierà in su l’ultima spera,
ove s’adempion tutti li altri e ‘l mio. [63]
Ivi è perfetta, matura e intera
ciascuna disianza; in quella sola
è ogne parte là ove sempr’era, [66]
perché non è in loco e non s’impola;
e nostra scala infino ad essa varca,
onde così dal viso ti s’invola. [69]
Infin là sù la vide il patriarca
Iacobbe porger la superna parte,
quando li apparve d’angeli sì carca. [72]
Ma, per salirla, mo nessun diparte
da terra i piedi, e la regola mia
rimasa è per danno de le carte. [75]
Le mura che solieno esser badia
fatte sono spelonche, e le cocolle
sacca son piene di farina ria. [78]
Ma grave usura tanto non si tolle
contra ‘l piacer di Dio, quanto quel frutto
che fa il cor de’ monaci sì folle; [81]
ché quantunque la Chiesa guarda, tutto
è de la gente che per Dio dimanda;
non di parenti né d’altro più brutto. [84]
La carne d’i mortali è tanto blanda,
che giù non basta buon cominciamento
dal nascer de la quercia al far la ghianda. [87]
Pier cominciò sanz’oro e sanz’argento,
e io con orazione e con digiuno,
e Francesco umilmente il suo convento; [90]
e se guardi ‘l principio di ciascuno,
poscia riguardi là dov’è trascorso,
tu vederai del bianco fatto bruno. [93]
Veramente Iordan vòlto retrorso
più fu, e ‘l mar fuggir, quando Dio volse,
mirabile a veder che qui ‘l soccorso». [96]
Così mi disse, e indi si raccolse
al suo collegio, e ‘l collegio si strinse;
poi, come turbo, in sù tutto s’avvolse. [99]
La dolce donna dietro a lor mi pinse
con un sol cenno su per quella scala,
sì sua virtù la mia natura vinse; [102]
né mai qua giù dove si monta e cala
naturalmente, fu sì ratto moto
ch’agguagliar si potesse a la mia ala. [105]
S’io torni mai, lettore, a quel divoto
triunfo per lo quale io piango spesso
le mie peccata e ‘l petto mi percuoto, [108]
tu non avresti in tanto tratto e messo
nel foco il dito, in quant’io vidi ‘l segno
che segue il Tauro e fui dentro da esso. [111]
O gloriose stelle, o lume pregno
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno, [114]
con voi nasceva e s’ascondeva vosco
quelli ch’è padre d’ogne mortal vita,
quand’io senti’ di prima l’aere tosco; [117]
e poi, quando mi fu grazia largita
d’entrar ne l’alta rota che vi gira,
la vostra region mi fu sortita. [120]
A voi divotamente ora sospira
l’anima mia, per acquistar virtute
al passo forte che a sé la tira. [123]
«Tu se’ sì presso a l’ultima salute»,
cominciò Beatrice, «che tu dei
aver le luci tue chiare e acute; [126]
e però, prima che tu più t’inlei,
rimira in giù, e vedi quanto mondo
sotto li piedi già esser ti fei; [129]
sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo
s’appresenti a la turba triunfante
che lieta vien per questo etera tondo». [132]
Col viso ritornai per tutte quante
le sette spere, e vidi questo globo
tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante; [135]
e quel consiglio per migliore approbo
che l’ha per meno; e chi ad altro pensa
chiamar si puote veramente probo. [138]
Vidi la figlia di Latona incensa
sanza quell’ombra che mi fu cagione
per che già la credetti rara e densa. [141]
L’aspetto del tuo nato, Iperione,
quivi sostenni, e vidi com’si move
circa e vicino a lui Maia e Dione. [144]
Quindi m’apparve il temperar di Giove
tra ‘l padre e ‘l figlio: e quindi mi fu chiaro
il variar che fanno di lor dove; [147]
e tutti e sette mi si dimostraro
quanto son grandi e quanto son veloci
e come sono in distante riparo. [150]
L’aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendom’io con li etterni Gemelli,
tutta m’apparve da’ colli a le foci; [153]
poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.