Paradiso – Canto XVII

Paradiso – Canto XVII / Diciassettesimo Canto / Canto 17°

Temi e canti: 1-30 Perplessità di Dante • 31-99 Risposta di Cacciaguida: profezia dell’esilio di Dante • 100-142 La missione di Dante

Paradiso

CANTO XVII

Qual venne a Climené, per accertarsi

di ciò ch’avea incontro a sé udito,

quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi;   [3]

tal era io, e tal era sentito

e da Beatrice e da la santa lampa

che pria per me avea mutato sito.   [6]

Per che mia donna «Manda fuor la vampa

del tuo disio», mi disse, «sì ch’ella esca

segnata bene de la interna stampa;   [9]

non perché nostra conoscenza cresca

per tuo parlare, ma perché t’ausi

a dir la sete, sì che l’uom ti mesca».   [12]

«O cara piota mia che sì t’insusi,

che, come veggion le terrene menti

non capere in triangol due ottusi,   [15]

così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto

a cui tutti li tempi son presenti;   [18]

mentre ch’io era a Virgilio congiunto

su per lo monte che l’anime cura

e discendendo nel mondo defunto,   [21]

dette mi fuor di mia vita futura

parole gravi, avvegna ch’io mi senta

ben tetragono ai colpi di ventura;   [24]

per che la voglia mia saria contenta

d’intender qual fortuna mi s’appressa;

ché saetta previsa vien più lenta».   [27]

Così diss’io a quella luce stessa

che pria m’avea parlato; e come volle

Beatrice, fu la mia voglia confessa.   [30]

Né per ambage, in che la gente folle

già s’inviscava pria che fosse anciso

l’Agnel di Dio che le peccata tolle,   [33]

ma per chiare parole e con preciso

latin rispuose quello amor paterno,

chiuso e parvente del suo proprio riso:   [36]

«La contingenza, che fuor del quaderno

de la vostra matera non si stende,

tutta è dipinta nel cospetto etterno:   [39]

necessità però quindi non prende

se non come dal viso in che si specchia

nave che per torrente giù discende.   [42]

Da indi, sì come viene ad orecchia

dolce armonia da organo, mi viene

a vista il tempo che ti s’apparecchia.   [45]

Qual si partio Ipolito d’Atene

per la spietata e perfida noverca,

tal di Fiorenza partir ti convene.   [48]

Questo si vuole e questo già si cerca,

e tosto verrà fatto a chi ciò pensa

là dove Cristo tutto dì si merca.   [51]

La colpa seguirà la parte offensa

in grido, come suol; ma la vendetta

fia testimonio al ver che la dispensa.   [54]

Tu lascerai ogne cosa diletta

più caramente; e questo è quello strale

che l’arco de lo essilio pria saetta.   [57]

Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.   [60]

E quel che più ti graverà le spalle,

sarà la compagnia malvagia e scempia

con la qual tu cadrai in questa valle;   [63]

che tutta ingrata, tutta matta ed empia

si farà contr’a te; ma, poco appresso,

ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.   [66]

Di sua bestialitate il suo processo

farà la prova; sì ch’a te fia bello

averti fatta parte per te stesso.   [69]

Lo primo tuo refugio e ‘l primo ostello

sarà la cortesia del gran Lombardo

che ‘n su la scala porta il santo uccello;   [72]

ch’in te avrà sì benigno riguardo,

che del fare e del chieder, tra voi due,

fia primo quel che tra li altri è più tardo.   [75]

Con lui vedrai colui che ‘mpresso fue,

nascendo, sì da questa stella forte,

che notabili fier l’opere sue.   [78]

Non se ne son le genti ancora accorte

per la novella età, ché pur nove anni

son queste rote intorno di lui torte;   [81]

ma pria che ‘l Guasco l’alto Arrigo inganni,

parran faville de la sua virtute

in non curar d’argento né d’affanni.   [84]

Le sue magnificenze conosciute

saranno ancora, sì che ‘ suoi nemici

non ne potran tener le lingue mute.   [87]

A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;

per lui fia trasmutata molta gente,

cambiando condizion ricchi e mendici;   [90]

e portera’ne scritto ne la mente

di lui, e nol dirai»; e disse cose

incredibili a quei che fier presente.   [93]

Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose

di quel che ti fu detto; ecco le ‘nsidie

che dietro a pochi giri son nascose.   [96]

Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,

poscia che s’infutura la tua vita

vie più là che ‘l punir di lor perfidie».   [99]

Poi che, tacendo, si mostrò spedita

l’anima santa di metter la trama

in quella tela ch’io le porsi ordita,   [102]

io cominciai, come colui che brama,

dubitando, consiglio da persona

che vede e vuol dirittamente e ama:   [105]

«Ben veggio, padre mio, sì come sprona

lo tempo verso me, per colpo darmi

tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona;   [108]

per che di provedenza è buon ch’io m’armi,

sì che, se loco m’è tolto più caro,

io non perdessi li altri per miei carmi.   [111]

Giù per lo mondo sanza fine amaro,

e per lo monte del cui bel cacume

li occhi de la mia donna mi levaro,   [114]

e poscia per lo ciel, di lume in lume,

ho io appreso quel che s’io ridico,

a molti fia sapor di forte agrume;   [117]

e s’io al vero son timido amico,

temo di perder viver tra coloro

che questo tempo chiameranno antico».   [120]

La luce in che rideva il mio tesoro

ch’io trovai lì, si fé prima corusca,

quale a raggio di sole specchio d’oro;   [123]

indi rispuose: «Coscienza fusca

o de la propria o de l’altrui vergogna

pur sentirà la tua parola brusca.   [126]

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,

tutta tua vision fa manifesta;

e lascia pur grattar dov’è la rogna.   [129]

Ché se la voce tua sarà molesta

nel primo gusto, vital nodrimento

lascerà poi, quando sarà digesta.   [132]

Questo tuo grido farà come vento,

che le più alte cime più percuote;

e ciò non fa d’onor poco argomento.   [135]

Però ti son mostrate in queste rote,

nel monte e ne la valle dolorosa

pur l’anime che son di fama note,   [138]

che l’animo di quel ch’ode, non posa

né ferma fede per essempro ch’aia

la sua radice incognita e ascosa,   [141]

né per altro argomento che non paia».