Paradiso – Canto XI / Undicesimo Canto / Canto 11°
Temi e canti: 1-12 Le cure umane e le gioie celesti • 13-27 Dubbi di Dante • 28-117 Elogio di san Francesco • 118-139 Decadenza dell’ordine domenicano
Paradiso
CANTO XI
quanto son difettivi silogismi
quei che ti fanno in basso batter l’ali! [3]
Chi dietro a iura, e chi ad amforismi
sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per sofismi, [6]
e chi rubare, e chi civil negozio,
chi nel diletto de la carne involto
s’affaticava e chi si dava a l’ozio, [9]
quando, da tutte queste cose sciolto,
con Beatrice m’era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto. [12]
Poi che ciascuno fu tornato ne lo
punto del cerchio in che avanti s’era,
fermossi, come a candellier candelo. [15]
E io senti’ dentro a quella lumera
che pria m’avea parlato, sorridendo
incominciar, faccendosi più mera: [18]
«Così com’io del suo raggio resplendo,
sì, riguardando ne la luce etterna,
li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. [21]
Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in sì aperta e ‘n sì distesa lingua
lo dicer mio, ch’al tuo sentir si sterna, [24]
ove dinanzi dissi “U’ ben s’impingua”,
e là u’ dissi “Non nacque il secondo”;
e qui è uopo che ben si distingua. [27]
La provedenza, che governa il mondo
con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo, [30]
però che andasse ver’ lo suo diletto
la sposa di colui ch’ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto, [33]
in sé sicura e anche a lui più fida,
due principi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida. [36]
L’un fu tutto serafico in ardore;
l’altro per sapienza in terra fue
di cherubica luce uno splendore. [39]
De l’un dirò, però che d’amendue
si dice l’un pregiando, qual ch’om prende,
perch’ad un fine fur l’opere sue. [42]
Intra Tupino e l’acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d’alto monte pende, [45]
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo. [48]
Di questa costa, là dov’ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo tal volta di Gange. [51]
Però chi d’esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Oriente, se proprio dir vuole. [54]
Non era ancor molto lontan da l’orto,
ch’el cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto; [57]
ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra; [60]
e dinanzi a la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l’amò più forte. [63]
Questa, privata del primo marito,
millecent’anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito; [66]
né valse udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch’a tutto ‘l mondo fé paura; [69]
né valse esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce. [72]
Ma perch’io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso. [75]
La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi; [78]
tanto che ‘l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo. [81]
Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace. [84]
Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l’umile capestro. [87]
Né li gravò viltà di cuor le ciglia
per esser fi’ di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia; [90]
ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione. [93]
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe, [96]
di seconda corona redimita
fu per Onorio da l’Etterno Spiro
la santa voglia d’esto archimandrita. [99]
E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e li altri che ‘l seguiro, [102]
e per trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de l’italica erba, [105]
nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno. [108]
Quando a colui ch’a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch’el meritò nel suo farsi pusillo, [111]
a’ frati suoi, sì com’a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l’amassero a fede; [114]
e del suo grembo l’anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara. [117]
Pensa oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno; [120]
e questo fu il nostro patriarca;
per che qual segue lui, com’el comanda,
discerner puoi che buone merce carca. [123]
Ma ‘l suo pecuglio di nova vivanda
è fatto ghiotto, sì ch’esser non puote
che per diversi salti non si spanda; [126]
e quanto le sue pecore remote
e vagabunde più da esso vanno,
più tornano a l’ovil di latte vòte. [129]
Ben son di quelle che temono ‘l danno
e stringonsi al pastor; ma son sì poche,
che le cappe fornisce poco panno. [132]
Or, se le mie parole non son fioche,
se la tua audienza è stata attenta,
se ciò ch’è detto a la mente revoche, [135]
in parte fia la tua voglia contenta,
perché vedrai la pianta onde si scheggia,
e vedra’ il corrègger che argomenta [138]
“U’ ben s’impingua, se non si vaneggia”».