Paradiso – Canto II / Secondo Canto / Canto 2°
Temi e canti: 1-18 Ammonimento ai lettori • 19-45 Il cielo della Luna • 46-148 Teoria delle macchie lunari e delle influenze astrali
Paradiso
CANTO II
O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca, [3]
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti. [6]
L’acqua ch’io prendo già mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l’Orse. [9]
Voialtri pochi che drizzaste il collo
per tempo al pan de li angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vien satollo, [12]
metter potete ben per l’alto sale
vostro navigio, servando mio solco
dinanzi a l’acqua che ritorna equale. [15]
Que’ gloriosi che passaro al Colco
non s’ammiraron come voi farete,
quando Iasón vider fatto bifolco. [18]
del deiforme regno cen portava
veloci quasi come ‘l ciel vedete. [21]
Beatrice in suso, e io in lei guardava;
e forse in tanto in quanto un quadrel posa
e vola e da la noce si dischiava, [24]
giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa, [27]
volta ver’ me, sì lieta come bella,
«Drizza la mente in Dio grata», mi disse,
«che n’ha congiunti con la prima stella». [30]
Parev’a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse. [33]
Per entro sé l’etterna margarita
ne ricevette, com’acqua recepe
raggio di luce permanendo unita. [36]
S’io era corpo, e qui non si concepe
com’una dimensione altra patio,
ch’esser convien se corpo in corpo repe, [39]
accender ne dovrìa più il disio
di veder quella essenza in che si vede
come nostra natura e Dio s’unio. [42]
Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
non dimostrato, ma fia per sé noto
a guisa del ver primo che l’uom crede. [45]
Io rispuosi: «Madonna, sì devoto
com’esser posso più, ringrazio lui
lo qual dal mortal mondo m’ha remoto. [48]
Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che là giuso in terra
fan di Cain favoleggiare altrui?». [51]
Ella sorrise alquanto, e poi «S’elli erra
l’oppinion», mi disse, «d’i mortali
dove chiave di senso non diserra, [54]
certo non ti dovrien punger li strali
d’ammirazione omai, poi dietro ai sensi
vedi che la ragione ha corte l’ali. [57]
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi».
E io: «Ciò che n’appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi». [60]
Ed ella: «Certo assai vedrai sommerso
nel falso il creder tuo, se bene ascolti
l’argomentar ch’io li farò avverso. [63]
La spera ottava vi dimostra molti
lumi, li quali e nel quale e nel quanto
notar si posson di diversi volti. [66]
Se raro e denso ciò facesser tanto,
una sola virtù sarebbe in tutti,
più e men distributa e altrettanto. [69]
Virtù diverse esser convegnon frutti
di princìpi formali, e quei, for ch’uno,
seguiterìeno a tua ragion distrutti. [72]
Ancor, se raro fosse di quel bruno
cagion che tu dimandi, o d’oltre in parte
fora di sua materia sì digiuno [75]
esto pianeto, o, sì come comparte
lo grasso e ‘l magro un corpo, così questo
nel suo volume cangerebbe carte. [78]
Se ‘l primo fosse, fora manifesto
ne l’eclissi del sol per trasparere
lo lume come in altro raro ingesto. [81]
Questo non è: però è da vedere
de l’altro; e s’elli avvien ch’io l’altro cassi,
falsificato fia lo tuo parere. [84]
S’elli è che questo raro non trapassi,
esser conviene un termine da onde
lo suo contrario più passar non lassi; [87]
e indi l’altrui raggio si rifonde
così come color torna per vetro
lo qual di retro a sé piombo nasconde. [90]
Or dirai tu ch’el si dimostra tetro
ivi lo raggio più che in altre parti,
per esser lì refratto più a retro. [93]
Da questa instanza può deliberarti
esperienza, se già mai la provi,
ch’esser suol fonte ai rivi di vostr’arti. [96]
Tre specchi prenderai; e i due rimovi
da te d’un modo, e l’altro, più rimosso,
tr’ambo li primi li occhi tuoi ritrovi. [99]
Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
ti stea un lume che i tre specchi accenda
e torni a te da tutti ripercosso. [102]
Ben che nel quanto tanto non si stenda
la vista più lontana, lì vedrai
come convien ch’igualmente risplenda. [105]
Or, come ai colpi de li caldi rai
de la neve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai, [108]
così rimaso te ne l’intelletto
voglio informar di luce sì vivace,
che ti tremolerà nel suo aspetto. [111]
Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l’esser di tutto suo contento giace. [114]
Lo ciel seguente, c’ha tante vedute,
quell’esser parte per diverse essenze,
da lui distratte e da lui contenute. [117]
Li altri giron per varie differenze
le distinzion che dentro da sé hanno
dispongono a lor fini e lor semenze. [120]
Questi organi del mondo così vanno,
come tu vedi omai, di grado in grado,
che di sù prendono e di sotto fanno. [123]
Riguarda bene omai sì com’io vado
per questo loco al vero che disiri,
sì che poi sappi sol tener lo guado. [126]
Lo moto e la virtù d’i santi giri,
come dal fabbro l’arte del martello,
da’ beati motor convien che spiri; [129]
e ‘l ciel cui tanti lumi fanno bello,
de la mente profonda che lui volve
prende l’image e fassene suggello. [132]
E come l’alma dentro a vostra polve
per differenti membra e conformate
a diverse potenze si risolve, [135]
così l’intelligenza sua bontate
multiplicata per le stelle spiega,
girando sé sovra sua unitate. [138]
Virtù diversa fa diversa lega
col prezioso corpo ch’ella avviva,
nel qual, sì come vita in voi, si lega. [141]
Per la natura lieta onde deriva,
la virtù mista per lo corpo luce
come letizia per pupilla viva. [144]
Da essa vien ciò che da luce a luce
par differente, non da denso e raro;
essa è formal principio che produce, [147]
conforme a sua bontà, lo turbo e ‘l chiaro».